martedì 28 agosto 2007

La pioggia che cade sul palco.


Ogni goccia crea un piccolo gorgo nelle pozze espandendosi in circoli che si assestano e scompaiono fondendosi dolcemente tra loro. È molto simile alla sensazione trasmessa dal tai ji.

Ciascun movimento, ogni passo della forma costituisce un cerchio nell’acqua.


I cerchi hanno una durata temporanea. Ogni movimento è simile a un cerchio che muta, si sovrappone al successivo per poi scomparire.

E alla fine ciascun nuovo circolo ritorna a diventare superficie limpida, calma e aperta.

mercoledì 22 agosto 2007

Lune distorte nell’acqua

Un esercizio che ci hanno fatto fare durante la lezione di tai ji…

Ci siamo messi a coppie uno di fronte all’altro. Seduti a gambe incrociate in modo da essere cosi vicini da trovarci in posizione confortevole. Il braccio agganciato alla mano destra del “compagno”. Questa è la doppia ellisse che trasmette una sensazione di vicinanza senza produrre tensione. La mano sinistra posta a coppa sotto il gomito destro in modo che rimanga rilassato.

Bisogna concedersi il tempo necessario per abituarci al contatto con il “compagno”.

Considerando che molto spesso, abbiamo di fronte una persona con la quale non siamo in “confidenza”, all’inizio è quasi imbarazzante.

Concentrarsi, cercando di cogliere il calore e la superficie del contatto. Guardarsi l’un l’altro e cercare di amalgamare lo sguardo con il legame fisico stabilito.

Spingersi oltre la capacità di distinguere la particolare struttura del volto del compagno, la sua fronte, il colore degli occhi, il naso, la bocca… cercare la sensazione globale invece del particolare. Cercare di cogliere una sensazione dell’intera immagine.

Trattenere questa sensazione sinchè il viso che ci sta davanti non diventerà familiare, è un volto che conosciamo e che, in verità, riflette il nostro. (non è semplice… lo so)

Possiamo compiere questo stesso esperimento di fronte ad uno specchio.

Un fiore allo specchio. Proviamo a contemplare quest’immagine. Qualunque cosa passi di fronte ad uno specchio viene riflessa imparzialmente e quando essa si allontana la superficie riflettente non ne ritiene nessuna traccia.

Non vi è modo per trattenere o cancellare qualcosa.

L’immagine allo specchio serve per illustrare il principio della mente-specchio, quel “vuoto” che coglie qualunque cosa gli passi di fronte.

Se ci limitiamo a riflettere un’altra persona per quello che è, maschio o femmina, non vi sarà pregiudizio, non ci sarà possibilità di vedere qualcosa che possa generare un’autoconsapevolezza.

Si tratta di semplice riflesso. Quando qualcuno ci guarda dovremmo cercare di permettere tale tipo di apertura.

Non vi è necessità di sentirci a disagio quando gli altri ci guardano.

Pensiamo alla metafora della luna che sorge e proietta la sua immagine sulle tranquille acque di un lago. Quando la luna passa dietro una nuvola, non la vediamo più. Quando spira la brezza e la superficie del lago s’increspa saremo in grado di vedere decine di lune distorte nell’acqua.

Ma il lago non ha la volontà di nascondere o distorcere l’immagine. L’acqua, la luna, la brezza e le nuvole sono entità separate che seguono il loro flusso ed esistono autonomamente, senza nessun desiderio o necessità di affermare: “Devo fare questa cosa per me stesso, o devo farla per te”.

giovedì 16 agosto 2007

Il baricentro non esiste

Esiste, invece, il non-baricentro.

Ogni cosa, tutto, sulla terra, sotto terra e nell’atmosfera, è soggetto alla famosa legge di gravità. Nulla si sottrae a questa semplice legge: anche il nostro pensiero, anche il più elevato, anche la manifestazione di Dio, è soggetta a questo semplice assunto. Inoltre non sappiamo come si sarebbe potuta sviluppare la nostra civiltà in assenza di gravità e soprattutto come il pensiero, in assenza di una forza gravitazionale e quindi di baricentro, avrebbe avuto sviluppo.

Fanno parte e ne sono dei derivati gli stessi concetti di vita e morte, i quali, per essere onesti anche se non scientismi o “materiali”, devono essere ricondotti al concetto di baricentro.

Un esempio può chiarire questo concetto:

quando nasce, il neonato non ha l’idea della gravità, è un tutt’uno con l’universo, e le sue sensazioni sono un continuum tra l’esterno, il suo interno e la mamma: appena interagisce con l’ambiente però, acquista immediatamente il senso del procedere, del camminare; in pratica, interagendo con un suo consimile che nella fattispecie è un medico, acquista il senso della gravità.

Possiamo affermare che quando il bambino è nella pancia della mamma sia privo del senso del baricentro e si presenti quella straordinaria situazione che solo una vita in assenza di gravità può dare.

L’altro caso di assenza di assenza di gravità e del baricentro lo possiamo avere dopo che una persona è morta.

Contrariamente a quanto si crede e si presume, il famoso rigor mortis è un fenomeno che dura poco, per lasciare il posto a una “morbidezza” del corpo che causa, in chi deve sollevare un cadavere, un senso di estrema pesantezza rispetto a quando la persona era viva.

È un po’ la stessa sensazione che si prova quando si prende in braccio un neonato, che nella sua morbidezza, malleabilità fisica e adattabilità ad ogni ambiente, dà un senso di pesantezza assolutamente inadeguato alla sua struttura.

In questi due casi possiamo dire di essere alla presenza di un non-baricentro.

mercoledì 8 agosto 2007

Mushin


Chi si accosta allo shiatsu si sente spesso dire che questa disciplina si pratica ai massimi livelli solo quando si raggiunge lo stato di mushin, ovvero di mente «piena di vuoto».

In antitesi, rispetto al suo significato più comune, qui, il «vuoto» è inteso come stato di disponibilità mentale e non come assenza; difatti, indica proprio una presenza piena, un soggetto.


In nessun modo simile al nulla «vuoto» assurge a entità, non a mancanza.

Più in generale è importante comprendere che «la pienezza del vuoto» non può esistere senza esperienza sensibile ed è questa la chiave che differenzia mushin da qualsiasi altro stato mentale: non c’è mente piena di vuoto se non radicata nell’esperienza concreta.
Mushin
non è soltanto uno stato di consapevolezza cognitiva, ma la sincronica espressione di un corpo e, di una mente pacificati. Da questo scaturisce l’esperienza di pieno benessere, fisico e mentale, che avvolge entrambi i praticanti che, come riflessi allo specchio, si completano.

La sensazione è di essere «uno» con tutte le cose che ti circondano, non c’è separazione.