sabato 3 settembre 2005

Il segreto...

Una sera, i gabbiani che non erano impegnati in prove di volo notturno, se ne stavano insieme sulla spiaggia, ciascuno immerso nei propri pensieri. Jonathan, fattosi coraggio, si avvicinò al Gabbiano Anziano (si diceva che costui fosse prossimo ormai a trasmigare in un mondo più evoluto).

"Ciang" lo chiamò, con un po' di titubanza.

Il vecchio lo guardò affabilmente: " Che c'è figliolo?". La tarda età, anziché indebolirlo, gli aveva conferito maggior vigore: volava meglio di qualsiasi altro ed era già padrone di esercizi di cui gli altri dello Stormo conoscevano appena i rudimenti.

"Ciang, questo mondo non è il paradiso, dico bene?"

L'Anziano ebbe un sorriso, nel chiarore della luna. "Non si finisce mai d'imparare, Jonathan" disse.

"Ma allora, dopo qui, cosa ci aspetta? Dove andremo? E un posto come il paradiso c'è o non c'è?"

"No, Jonathan, un posto come quello, no, non c'è. Il paradiso non è mica un luogo. Non si trova nello spazio, e neanche nel tempo. Il paradiso è essere perfetti". Tacque un minuto, e poi: "Tu sei uno che vola velocissimo, nevvero?".

"Mi mi piace andare forte" disse Jonathan, preso alla sprovvista, ma fiero che l'Anziano se ne fosse accorto.

"Raggiungerai il paradiso, allora, quando avrai raggiunto la velocità perfetta. Il che non significa mille miglia all'ora, né un milione di miglia, e neanche vuol dire andare alla velocità della luce. Perché qualsiasi numero, vedi, è un limite, mentre la perfezione non ha limiti. Velocità perfetta, figlio mio, vuol dire solo esserci, esser là."

Senza alcun preavviso, Ciang scomparve. Per riapparire in un batter d'occhio a una ventina di metri da lì, sulla riva del mare. Poi di nuovo sparì e si ritrovò, nella stessa frazione di secondo, accanto a Jonathan. "Pare un giochetto" disse.

Jonathan era sbalordito. Dimenticò di fare altre domande sul paradiso e chiese, invece: "Ma come ci riesci? Che effetto fa? E fin dove riesci ad arrivare?"

"Puoi arrivare da qualsiasi parte, nello spazio e nel tempo, dovunque tu desideri" disse l'Anziano. "Io mi sono recato in ogni luogo possibile e immaginabile, in ogni dove e in ogni quando." Lanciò uno sguardo al mare, all'orizzonte. "E' buffo. Quei gabbiano che non hanno una meta ideale e che viaggiano solo per viaggiare, non arrivano da nessuna parte, e vanno piano. Quelli invece che aspirano alla perfezione, anche senza intraprendere alcun viaggio, arrivano dovunque, e in un baleno. Ricordati, Jonathan, il paradiso non si trova né nello spazio né nel tempo, poiché lo spazio e il tempo sono privi di senso e di valore. Il paradiso è"

"Mi potresti insegnare a volare in quel modo?" E Jonathan fremeva tutto, all'idea di una nuova vittoria sull'ignoto.

"S'intende, se desideri imparare."

"Lo desidero, sì. Quando si comincia?"

"Anche adesso, se ti va."

"Voglio imparare a volare in quel modo" disse Jonathan, e una strana luce brillava nei suoi occhi. "Dimmi cosa devo fare."

Ciang parlò con lentezza, fissando attentamente il suo giovane interlocutore. "Per volare alla velocità del pensiero, verso qualsivoglia luogo," disse "tu devi innanzitutto persuaderti che ci sei già arrivato."

Il segreto, secondo Ciang, stava tutto qui: Jonathan doveva smettere di considerare se stesso prigioniero di un corpo limitato, un corpo avente un'apertura di centodieci centimetri e i cui itinerari potevano venir tracciati su una carta nautica. Il segreto consisteva nel sapere che la sua vera natura viveva, perfetta come un numero non scritto, contemporaneamente dappertutto, nello spazio e nel tempo.

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