scrive Adjashanti...
L’inverno è un periodo interessante dell’anno. La maggior parte delle nostre ricorrenze religiose si svolgono d’inverno. È la stagione delle festività spirituali, come il Ramadan, l’Hanukkah e il Natale; anche la commemorazione dell’illuminazione del Buddha è spesso celebrata durante questo periodo dell’anno.
L’inverno è un portale sacro, un’opportunità. Le foglie cadono dagli alberi, i frutti cadono in terra, i rami si spogliano e tutto torna alle radici, all’essenza della propria natura. Non soltanto nel mondo esterno, ma anche in quello interiore si realizza una naturale messa a nudo.
L’inverno è anche il tempo delle grandi piogge e della neve. Ogni anno, le montagne della Sierra Nevada si rimpiccioliscono un po’, rispetto all’anno precedente. Parte di loro viene dilavata nei torrenti, dall’acqua che cade e ritorna alla propria sorgente, scorrendo fino ai laghi e agli oceani.
Non c’è niente al mondo che affrontiamo con più riluttanza dell’inverno spirituale. Se noi esseri umani non opponessimo resistenza allo sradicamento delle nostre identità e se ci concedessimo di sperimentare l’inverno, saremmo tutti illuminati. Se lasciamo sorgere l’inverno dentro di noi, veniamo spogliati naturalmente; è come un declino naturale.
Quando sei molto silenzioso e quieto, questo graduale distacco avviene spontaneamente.
Se non cerchi di tener nulla sotto controllo, senti che si disfano schemi mentali ed energetici, come se cadessero foglie o se scendesse la neve.
Cadono con delicatezza.
È a questo che serve l’indagine spirituale.
Domandarsi “Chi sono io?” equivale a mantenere la presenza nello spazio del non sapere e mettere in discussione tutte le proprie ipotesi e convinzioni.
giovedì 4 luglio 2013
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